
03 Giu Gioco, coinvolgimento, spazio pubblico
Riprendersi lo spazio pubblico
Qualsiasi luogo può essere interpretato attraverso emozioni, ricordi, affetti:
quando si crea una lettura affettiva condivisa il luogo diventa spazio comune.
Recuperare questo valore intangibile, costituito da storie, esigenze e legami personali, significa renderlo unico; il compito del progettista è ascoltare queste voci e produrre una realtà su misura per loro.
Dobbiamo poter plasmare gli spazi per evitare di esserne solo plasmati: uno spazio uguale a mille altri non renderà più felici i suoi abitanti; li farà sentire solo più soli, omologati e infelici. Viceversa, se uno spazio è conseguenza di un percorso condiviso, i fruitori lo sentiranno proprio e lo tratteranno con un rispetto e un amore inimmaginabili.
Coinvolgere i fruitori di uno spazio nel processo decisionale relativo al suo futuro non solo legittima il lavoro fatto, ma aumenta i legami affettivi interni alla comunità che lo abita.
Salute, ambiente, beni comuni
La salute e l’ambiente sono beni comuni, anche se non sono effettivamente percepiti come tali. L’esperienza del Corona Virus ci sta dimostrando come siano stati trascurati, e come il comportamento del singolo abbia un’esternalità evidente per la salute della comunità.
L’architettura può essere uno strumento per sviluppare questa riflessione: tanto più la gestione degli spazi risentirà di limiti sanitari, quanto più dovremmo ribadire il carattere pubblico degli ambienti che viviamo: solo così possiamo sviluppare un senso di comunità altrimenti destinato a perdersi.
Il Coronavirus porterà enormi stravolgimenti sociali, politici ed economici: siamo davanti a un cambio di paradigma che coinvolgerà il nostro modo di vivere, di lavorare, di stare insieme agli altri. L’organizzazione degli spazi giocherà una funzione decisiva nell’indirizzare questi comportamenti verso l’individualismo o la condivisione; la speculazione o la sostenibilità; il disinteresse o la cura reciproca.
In una società in continuo cambiamento, occorrerà riflettere sulla necessità di spazi mutevoli, polivalenti e capaci di adattarsi. L’architettura è fatta per chi vive la realtà, e può assecondare o stravolgere l’idea stessa di cittadinanza.
L’unica cosa che non può fare è rimanere indifferente.
Due parole sull’architettura
L’architettura ha cessato di essere una forza creatrice quando ha smesso di fare domande: da forza eversiva è diventata rappresentazione plastica di una società pacificata. Abbiamo iniziato a prenderci troppo sul serio; abbiamo replicato vecchi schemi anziché sperimentare nuove strade; soprattutto, abbiamo smesso di fare cosa ci piaceva e iniziato a fare quel che si doveva. E se non mettiamo più passione in un lavoro, come possiamo sperare di trasmetterla?
In molti aspetti della nostra vita abbiamo ormai accantonato l’idea del gioco: la dimensione ludica è un codice fondamentale per leggere lo spazio oltre il funzionalismo, rendendolo giocabile ed interagibile. Il gioco ha una funzione sociale e pedagogica fondamentale in quanto atto libero e disinteressato che crea e rafforza i legami sociali e culturali.
Eppure tuttora, complice l’insopportabile giovanilismo delle startup, consideriamo il gioco come troppo infantile per avere un’applicazione professionale. In fase creativa il gioco può essere elemento liberatorio, privo di vincoli, che porta alla riappropriazione dello spazio e alla sua ri-creazione; ma anche in ottica lavorativa la dimensione ludica può favorire il coinvolgimento e favorire la partecipazione a processi valutativi e decisionali.
Se il lavoro diventa un aspetto totalizzante delle nostre vite, renderlo piacevole diventa quasi una necessità di sopravvivenza. Provare a divertirsi nel fare ciò che dobbiamo può essere la chiave per trovare un equilibrio tra sfera professionale e personale.
E per ricordarci che l’entusiasmo è il più contagioso dei virus.
Premessa: Lavoro, spazi, socialità: ripensare la normalità
Introduzione: Per una nuova etica del lavoro
Le nostre proposte sul lavoro: Cambiare il lavoro
Una riflessione sullo spazio pubblico:Gli spazi sono di chi li abita
Il nostro Manifesto QUI
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