Una foto scattata a Campotosto dopo il terremoto che distrusse Amatrice.

Gli spazi sono di chi li abita

Architettura e spazi pubblici

Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell’economia, ma questi scambi non sono solo scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi.

Italo Calvino, Le Città Invisibili

L’architettura dovrebbe essere promotrice di socialità e di vita; rendere abitabili spazi di incontro e di confronto; costruire il cittadino insieme alla città che abita.

L’architettura è politica

Ci interroghiamo spesso sul ruolo civile della nostra professione: l’architetto può essere anche un operatore culturale. Lo spazio pubblico, come avviene per quello privato, deve essere plasmato sulle reali necessità di chi lo vive: gli spazi sono di chi li abita. Mettere la persona al centro del progetto significa stimolare un’interazione vissuta con lo spazio e accentuarne il valore comunitario.

La crisi dello spazio pubblico

Sulla mutazione delle città si è scritto fin troppo. Il dato principale è che non viviamo più gli spazi pubblici: contemplatori anestetizzati di ambienti asettici, ci accorgiamo solo dell’eccezionalità e ignoriamo la quotidianità in cui siamo immersi. Nessun coinvolgimento nell’amministrazione dello spazio, nessun rapporto affettivo, nessuna memoria condivisa; il ricordo personale non sfocia mai in un’azione collettiva, sia essa difesa o miglioramento dell’esistente. 

Se uno spazio non è progettato per il coinvolgimento attivo di chi lo vive, finirà per non avere un’anima. E nel frattempo ci svuoterà della nostra personalità: come possiamo sviluppare il nostro senso critico se non abbiamo uno spazio per esercitarlo?

Più le persone sono sole, più sarà facile amministrarle come cittadini e assecondarle come consumatori.
Ma è questo che vogliamo?

Una foto scattata a Campotosto dopo il terremoto che distrusse Amatrice.

Una foto scattata a Campotosto dopo il terremoto che distrusse Amatrice. I bambini che giocavano tra le macerie portarono quella poltrona nello spazio creando un’immagine potentissima.

Puntate precedenti:
Premessa: Lavoro, spazi, socialità: ripensare la normalità
Introduzione: Per una nuova etica del lavoro
Le nostre proposte sul lavoro: Cambiare il lavoro

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